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IL BENESSERE DELL’AMBIENTE È NELLE NOSTRE MANI.
03/08/2021
SOCIETÀ
di Pietro Zocconali, giornalista, Presidente dell'Ass.ne Naz.le Sociologi.
Un enorme sudario, composto da vegetazione lussureggiante, ricoprirà i nostri splendidi manufatti di metallo, vetro e cemento armato, gli sconfinati giacimenti di plastica. Fagociterà il tutto e tornerà ad essere ciò che è stata prima dell’evoluzione dell’homo (in)sapiens.
Qualche anno fa, ero in vacanza in un camping della costa laziale; stavo camminando nell’ora più calda del primo pomeriggio, sotto un boschetto, al canto di numerose cicale che squarciava l’aria con il caratteristico rumore assordante.
Un bambino di circa cinque anni, con un punteruolo di ferro, stava torturando un tronco d’albero, ma in un modo talmente accanito che sembrava volercela con la povera pianta per qualche offesa da vendicare.
Mi sono fermato e gli ho detto:
“Ma non lo sai che stai facendo soffrire questo albero?”
Lui mi ha guardato, ha recepito il mio messaggio, ha capito che era una fesseria e, con un braccio alzato verso di me, in tono accusatorio, mi ha risposto deciso:
“Anvedi questo: mo le piante soffrono”.
Ha scrollato la testa ed ha continuato a scavare, ma con un po’ meno foga, sulla malcapitata: chissà forse gli avevo fatto venire un piccolo dubbio!
Di chi è la colpa di tutto ciò? Dei genitori, quasi sempre assenti, impegnati con il lavoro e con gli svaghi, dei nonni (quando ci sono), della scuola, che non insegna sufficientemente l’educazione civica, di certi programmi televisivi, di cartoni animati violenti e di certi giochini in vendita o scaricabili da Internet, che predicano la violenza, contro tutto e tutti. Certamente, se dobbiamo iniziare a sensibilizzare i giovani al rispetto dell’ambiente, non siamo sulla buona strada.
Probabilmente da bambino, al riguardo, ho avuto una discreta educazione. Non voglio vantarmi ma, in tempi non sospetti, in pieno dopoguerra, giocando con i miei amici ero l’unico che non voleva andare a caccia di lucertole; sono stato uno dei primi nella cerchia di persone che mi circondavano, a rifiutare di mangiare gli animali da cortile, subendo la disapprovazione dei familiari che mi prendevano per un pazzo ostinato. Ancora oggi sono quasi vegetariano e mi rifiuto di mangiare certa carne, ma non per moda o per atteggiamento, che a 73 anni sarebbe fuori posto. Non mangio certa carne perché la cosa mi mette in imbarazzo e mi fa ribrezzo.
Perché sono cresciuto così, contro tutto e tutti, non lo so.
Da sempre odio: le corride, i combattimenti tra animali di ogni genere, la caccia agli elefanti, la caccia grossa in generale, la caccia … piccola, la pesca sportiva, la caccia alle balene, ogni scempio che viene perpetrato contro la fauna e la flora, contro la natura in generale e, naturalmente, contro gli altri esseri umani.
Qualcuno dice che stiamo rovinando il pianeta; non è esatto poiché stiamo rovinando noi stessi. Il pianeta si ribellerà contro questi figli ingrati e probabilmente, tra non molto si vendicherà; forse verrà un giorno che ci annienteremo con le nostre stesse mani, e allora la vegetazione coprirà tutti noi con un velo pietoso. Un enorme sudario, composto da vegetazione lussureggiante, ricoprirà i nostri splendidi manufatti di metallo, vetro e cemento armato, gli sconfinati giacimenti di plastica. Fagociterà il tutto e tornerà ad essere ciò che è stata prima dell’evoluzione dell’homo (in)sapiens.
Ma cosa possiamo fare perché ognuno possa recitare la propria parte? Non bisogna smettere di sensibilizzare le persone e soprattutto i giovani; parliamone spesso, come sto facendo io ora, anche correndo il rischio di risultare monotoni.
Iniziamo consapevolmente dalle piccole azioni: quando per la strada scartiamo una caramella, la carta teniamocela in tasca, in attesa di smaltirla in modo appropriato; se un contenitore dei rifiuti è pieno, aspettiamo di gettare il sacchetto nel successivo; evitiamo di aprire il finestrino della nostra auto per gettare cartacce, pezzetti di plastica e mozziconi accesi, magari sull’erba secca ai bordi della strada; se adoperiamo un bagno pubblico, quando ne usciamo facciamo in modo che risulti più pulito di prima, lo stesso se andiamo in un parco pubblico con bimbi o animali da passeggio; se saliamo su di un mezzo pubblico, alla discesa facciamo in modo che non rimanga traccia del nostro passaggio, la stessa accortezza se andiamo al cinema, a teatro o in qualsiasi altro luogo pubblico.
Ciò non è difficile; salvaguardiamo il nostro ambiente, così innaturale perché fortemente antropizzato. Purtroppo nel secolo scorso c’è stata la corsa verso le grandi città e la conseguente fuga dalle campagne; con l’urbanizzazione abbiamo messo a rischio l’ambiente, che è ora più difficile da trattare. Il segreto è la gestione differenziata dei rifiuti: quando vengono inseriti tutti insieme in un sacchetto di plastica, diventano un problema, se vengono suddivisi in tanti contenitori in base alle varie tipologie di materiale, possono essere quasi completamente smaltiti, rendendoli risorse produttive e riciclabili, basta pensare al vetro e alla carta.
Su questi argomenti, “Pubblicità progresso” dovrebbe condizionare le nostre menti con messaggi e video, a tambur battente, su ogni network radio-televisivo e sulla carta stampata, fino al punto di farci sentire in colpa, anche quando apriamo il pacchetto di sigarette, del chewing gum, e gettiamo in terra il laccetto dell’involucro di plastica. Quando gettiamo a terra il chewing gum ormai insipido, i mozziconi di sigarette o i pacchetti vuoti composti da carta e plastica, questi sono destinati, insieme alle foglie cadute dagli alberi, a intasare i tombini nelle strade, causando danni irreparabili. Ad es. in occasione dei sempre più frequenti nubifragi, o bombe d’acqua, termine oggi molto usato dagli addetti ai lavori, saranno le nostre cantine e i nostri box a subirne le conseguenze.